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24 gennaio 2011 Terremoto, dopo oltre un anno L'Aquila chiama Italia

Pubblicato in Ricostruzione
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articolo pubblicato su Argento vivo periodico mensile dello SPI Emilia Romagna - dicembre 2010.

Il 20 novembre a L'Aqulia pioveva molto. Tra le case disabitate e offese hanno sfilato migliaia di manifestanti provenienti da tutta Italia, da San Giuliano, da Terzigno e da tanti altri luoghi del Paese.

La manifestazione nazionale, indetta dall'assemblea cittadina permanente a cui la Cgil partecipa, ha avuto un grande successo. Nello stesso giorno è stata lanciata la raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare (www.annol.org) per l'Aquila e per l'Italia. È una legge che parla di ricostruzione sostenibile, trasparente e partecipata ma anche di prevenzione per tutti i disastri ambientali e sismici. Lo Spi c'era. Consapevole di essere di fronte a una grande sfida che va affrontata con coraggio e decisione e convinto che la difficoltà più impegnativa sta nel coniugare il passato con il futuro facendo in modo che l'uno non prevarichi l'altro, affinché si possa trovare il giusto equilibrio tra memoria e innovazione, tra giovani e anziani, tra donne e uomini. Quando accade un evento delle proporzioni del terremoto che ha colpito l'Abruzzo nell'aprile del 2009 si diventa forzatamente protagonisti, consapevoli e non, del cambiamento. Quel cambiamento che a detta degli psicologi è portatore spesso di instabilità emotiva e psichica anche quando ci proietta in situazioni di netto miglioramento. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha dichiarato che saranno necessari 12 miliardi di euro per ricostruire L'Aquila e i centri dei Comuni colpiti dal sisma. Le previsioni più rosee ci dicono che la città capoluogo di regione sarà ricostruita, probabilmente, nell'arco di dieci anni. Nel frattempo i cittadini sono costretti a dibattersi tra la mancanza di alloggi, di lavoro, di luoghi di incontro, di liquidità nell'erogazione dei fondi. La stessa Ocse, in un documento predisposto nel luglio 2009, individuava le se¬guenti tre priorità di sviluppo: riprogettazione e valorizzazione del ruolo dell'Università dell'Aquila e promozione dei collegamenti con il mondo dell'impresa, rinnovamento dell'attrattività della città attraverso scelte strategiche nei restauri e promuovendo servizi innovativi, progettazione di un'efficace governance a più livelli, miglioramento di capacità organizzative e istituzionali, miglioramento della comunicazione e coinvolgimento della società civile. Purtroppo, come spesso accade, passare da obiettivi e strategie delineati in modo serio sulla base di conoscenze, studi e analisi, ad azioni e strumenti puntuali, nel rispetto di quegli obiettivi e secondo una tempistica che tenga conto anche delle primarie necessità dei cittadini, è stato ed è molto difficile. Il governo continua ancora a gestire la complessa situazione del territorio con ordinanze, provvedimenti che possono derogare alle leggi e non prevedono controlli di legittimità e di spesa. La gestione commissariale straordinaria, ormai con evidenza dannosa, provoca mancanza di trasparenza e partecipazione, genera confusione, conflitto e preoccupazione anche in ordine a possibili vuoti di legalità. Gli enti locali territoriali, eletti dai cittadini e depositari dei poteri ordinari ma in posizione di subordine, sono in affanno per mancanza di fondi, per far fronte con giudizio a proposte spesso non disinteressate, per difficoltà oggettive nello svolgimento dei propri compiti dovute a quanto accaduto. In sintesi, la ricostruzione cosiddetta "pesante" (quella che interessa edifici strutturalmente danneggiati) non è iniziata e quella leggera (dove i danni non riguardano la struttura) va a rilento. Ogni giorno si assiste a una sorta di "occupazione" del territorio che, a partire dagli insediamenti del Progetto Case, prosegue senza pianificazione, criteri architettonici o servizi. Manca la conoscenza del quadro complessivo delle donazioni e della destinazione delle stesse. Manca una mappatura dei nuovi servizi infrastrutturali e non si ha notizia di un serio orientamento tendente a verificare le possibilità del recupero di quelli preesistenti. La mancanza di una visione complessiva della fase che stiamo vivendo pregiudica l'andamento del mercato del lavoro già in difficoltà prima del terremoto. La dispersione dei cittadini ha distrutto i legami sociali, ha provocato disorientamento, non favorisce la partecipazione democratica e rende sempre più difficile l'inclusione di soggetti deboli. Al 23 novembre scorso le persone senza casa erano 40mila di cui 21mila alloggiati nei Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili (Progeto Case: 185 edifici per un totale di 4.449 alloggi realizzati su 19 aree del Comune dell'Aquila) e nei Moduli abitativi provvisori (Map), 2.000 in case in affitto (abitazioni acquistate dal Fondo immobiliare AQ e concesse in affitto con oneri a carico dello Stato con fondi trasferiti al Commissario e poi al Comune dell'Aquila e abitazioni in affitto con contratto concordato con la Protezione Civile con oneri a carico dello Stato con fondi trasferiti al Commissario e poi al Comune), 14.600 godono del contributo per autonoma sistemazione (istituito con ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri 3.754 del 9 aprile che ammonta fino a un massimo di 600 euro mensili per nucleo familiare e, comunque, nel limite di 200 euro per ogni componente del nucleo; ricevono 300 euro i nuclei monofamiliari, per ogni anziano ultra65enne e per ogni persona disabile o con invalidità almeno al 67% è previsto un contributo aggiuntivo di 200 euro: i nuclei che hanno espresso preferenza per il contributo hanno provveduto a trovare una sistemazione autonomamente), 2.450 sono in strutture ricettive (di cui mille fuori provincia) e in strutture di permanenza temporanea (caserme). Durante la settimana di mobilitazione dello Spi, girando in camper nei 19 siti abitativi del progetto Case, si è avuta la conferma dei notevoli disagi derivanti dalla mancanza di trasporti, attività commerciali e luoghi di aggregazione. Non si tratta però solo di disagio, si soffre di solitudine, di mancanza di storia, di appartenenza e di condivisione sociale. Va ricordato che i centri storici della città, delle frazioni e dei comuni circostanti erano il fulcro della vita sociale ed economica, erano luoghi di incontro delle comunità che individuavano in tali centri un simbolo di appartenenza. Sulla base dello stato di fatto delineato e con l'obiettivo di superare la gestione commissariale straordinaria, lo Spi sta ragionando e lavorando a una proposta unificante sul futuro della città e del suo comprensorio che crei condivisione e appartenenza nelle neocomunità sia a livello locale che in un'idea globale e condivisa di ricostruzione. È difficile, faticoso e pericolosamente lento non solo per i soggetti, giovani e anziani, più a rischio di conseguenze negative, ma anche per tutte la comunità che vede messi in gioco sia la memoria che il futuro.

Loretta Del Papa Segretaria Spi Cgil L'Aquila

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